Poner el Cuerpo
Il senso del corpo come mezzo di protesta
Una doccia di cinismo
Cosa li smuove? Cosa spinge migliaia di corpi a scegliere l’asfalto di una piazza invece del lavoro, del tempo libero, dello scroll sul divano? Me lo sono chiesto d’istinto, vedendo le piazze italiane riempirsi per Gaza, finalmente vive, pulsanti. E con la domanda, è arrivata un’ondata di orgoglio. L’orgoglio nel vedere migliaia di persone scegliere di perdere tempo e denaro non per sé, ma per la vita di qualcun altro. In un mondo che ci vuole produttivi e ripiegati su noi stessi, occupare uno spazio fisico per una causa che non ti tocca direttamente è la più alta, e forse unica, dimostrazione di umanità rimasta.
Poi, puntuale come una tassa, arriva la doccia fredda del cinismo informato. La diagnosi di Francesco Costa, dai microfoni di Wilson, armato di studi di Harvard e decostruzione, è delicata ma spietata: manifestare, nell’era dei social, è più facile ma meno efficace. Non portando risultati, alimenta la nostra impotenza. Per via dei dissidi interni, ci lascia più divisi di prima. La sintesi è brutale: scendere in piazza ci renderebbe soli, inutili e pure incazzati. Una fatica sprecata, un rito auto-assolutorio per anime belle che non cambia nulla.
Corpi che costano, pesano, occupano spazio
Sarà. Ma c’è qualcosa che questa analisi frigida non può calcolare: il peso dei corpi. Io non so quando sia stata l’ultima volta che Costa ha messo il suo corpo in una strada che vibrava, ma a me è successo settimana scorsa, in Argentina. E c’è una forza primordiale nel camminare a fianco di sconosciuti che chiedono la tua stessa cosa. È un senso di comunità che ti entra sotto la pelle, una volontà collettiva che si fa tangibile, fisica. È il contrario esatto della solitudine e dell’impotenza. È il momento in cui smetti di perderti nei post e ti riscopri persona.
E l’inutilità? L’esperienza parla chiaro. Chiedetelo al Congresso argentino, che ha bloccato tagli feroci a università e ospedali proprio grazie a quelle piazze. Chiedetelo alle Sardine del 2019 che hanno sconfitto Salvini alle elezioni in Emilia-Romagna. Chiedetelo persino al nostro governo, che dopo l’ultima manifestazione su Gaza ha timidamente iniziato a correggere la rotta. Nell’era in cui un repost sembra assolvere ogni coscienza, bloccare tutto è un atto strategico.
Perché i corpi costano, pesano, occupano spazio. E la politica, che lo voglia o no, li deve guardare.
